Da un lato, l’approvazione del Pacchetto Sicurezza introduce tra le altre cose il reato di “immigrazione clandestina”, realizzando altresì un’ulteriore militarizzazione del tessuto metropolitano attraverso il connubio tra incremento della presenza militare a “tutela dell’ordine pubblico” e legalizzazione delle “ronde”.Dall’altro lato, con il pretesto del vertice G8 (tenutosi nella surreale atmosfera di una L’Aquila già martoriata dal terremoto ed ora strumentalizzata dal governo Berlusconi come demagogica vetrina della grottesca sfilata dei “grandi della terra”) e con il duplice obiettivo di riaffermare una “linea dura” tesa a scoraggiare ogni manifestazione di dissenso politico/sociale e di occultare agli apparati mediatici la profonda crisi di consenso e di fiducia con la quale l’Esecutivo si sta trovando a fare i conti, si è sviluppata una campagna repressiva a 360°, la quale ha colpito “scientificamente” settori di movimento anche molto diversi tra loro.
Si è cominciato con l’inchiesta dell’11 Giugno (che seguiva di soli 2 giorni la sentenza da “Tribunale Speciale” nei confronti dei militanti del PCPM), con la quale si è inteso rilanciare il “mostro” del terrorismo e lo spettro delle Brigate Rosse, arrestando singoli compagni le accuse nei confronti dei quali sono talmente labili (si parla di fantomatici modellini aerei da “scagliare” contro il vertice del G8, quando ancora esso doveva tenersi alla Maddalena) da non aver meritato altro che poche righe tra le pagine di cronaca della stampa nostrana. Il 3 luglio è seguita una retata nei confronti di una quarantina di militanti dell’area anarchica, accusati di associazione sovversiva a seguito (ad oltre un mese di distanza, per la verità) dell’arresto di due anarchici umbri. Quindi, il 6 Luglio, è stata la volta degli attivisti del movimento studentesco, colpiti da 21 arresti a seguito dei modesti scontri verificatisi a Torino in occasione del G8 delle università. Arresti realizzati nell’imminenza del vertice de L’Aquila, con l’evidente obiettivo di scoraggiare qualunque forma di dissenso radicale in occasione delle manifestazioni di protesta. Infine, gli arresti di Roma, nei confronti di manifestanti accusati di voler “mettere a ferro e fuoco la città” (ma di fatto, “rei” di aver rovesciato qualche cassonetto in mezzo alla strada).
E’ evidente come gli episodi sopra descritti, per quanto apparentemente slegati tra loro, rispondano ad una medesima logica intimidatoria, la logica della controrivoluzione preventiva, la quale s’insinua nel tessuto sociale trovando un terreno fertile nella disgregazione dei movimenti e nella debolezza dell’antagonismo rivoluzionario. Tutto ciò avviene anche con l’obiettivo di neutralizzare sul nascere ogni possibile tentativo di organizzazione delle lotte in vista dell’autunno, che si preannuncia assai “caldo” stante la profonda crisi economica e sociale di cui le masse popolari, gli studenti e il proletariato vanno pagando i pesantissimi effetti.
A fronte di una simile spirale repressiva, la sola possibile risposta è l’unità della classe sul terreno della solidarietà; attuare una politica da fronte, che superi gli steccati ideologici che separano i movimenti di contestazione, con l’obiettivo di costruire un blocco sociale antagonista.
Dal canto nostro, continueremo a muoverci con l’obiettivo di contribuire alla rinascita del Movimento Comunista, convinti che soltanto attraverso di esso la classe operaia e le masse popolari potranno uscire vittoriose dalla lotta contro il Capitale.
No alla criminalizzazione del dissenso e della lotta di classe!
No alla militarizzazione delle nostre città!
Per la rinascita del Movimento Comunista!
Nessun commento:
Posta un commento