sabato 26 dicembre 2009

operai e crisi

LA CRISI ........E I LAVORATORI

Articolo tratto da radio città aperta

Le luci sfavillanti dei centri storici delle nostre città e le artificiose rappresentazioni di allegria e serenità delle nostre tv non corrispondono alla realtà di un paese duramente colpito dalla crisi. Nonostante le festività infatti migliaia di operai, lavoratori precari o cassintegrati stanno portando avanti dure forme di lotta per difendere il proprio posto di lavoro e rivendicare un futuro degno per sé e le proprie famiglie e comunità. Mentre media e politici continuano a parlare ossessivamente di fine della recessione, le statistiche ufficiali descrivono un Natale che verrà ricordato per la scarsezza dei regali: lo conferma l’Istat che, evidenziando come siano oltre 500mila i posti persi soltanto nel terzo trimestre del 2009, lascia pochi dubbi sulla pesantezza della crisi e sui suoi effetti.

A Pomigliano d'Arco, in Campania, 92 lavoratori precari della Fiat che stanno per perdere il posto di lavoro continuano ad occupare il locale municipio, invaso lo scorso 16 dicembre. Con loro, oltre al sindaco, anche il vescovo di Nola, Beniamino Depalma, che ieri alle 18 ha celebrato la messa di Natale nel municipio insieme agli occupanti e alle loro famiglie. Il problema non è solo di coloro che stanno per perdere il posto di lavoro: anche gli altri 5000 dipendenti sono da tempo in una situazione estremamente incerta, lavorano sì e no una settimana al mese ormai da un anno, sostenuti da una Cassa Integrazione che non basta certo a mantenere la famiglia. Le assicurazioni dell'amministratore delegato della Fiat, realizzate lo scorso 22 dicembre nel corso dell'incontro con il governo a Palazzo Chigi, non li hanno tranquillizzati per niente: "Il 30 avremo un nuovo incontro in prefettura, con il prefetto, i sindacati e un paio di sindaci che ci sono vicini. Però non vediamo novità immediate, - spiega Domenico Loffredo, Rsu della Fiom - continuiamo a lavorare tre, quattro giorni al mese al massimo, e dalle dichiarazioni che sono state fatte a Palazzo Chigi penso che questa situazione andrà avanti per un bel po'. Certo, nel 2012 dovremo entrare nel ciclo produttivo della Panda e lavorare un pochino di più. Però intanto l'altro modello che abbiamo, la 159, tra due anni sarà finito, ci ritroveremo probabilmente nella stessa situazione, visto che la 147 è ormai praticamente dimessa. Siamo preoccupati, non vorremmo che parlare della Panda fosse solo un modo per tenerci buoni nel frattempo". Intanto, gli operai di Pomigliano, nonostante abbiano dormito nel municipio, con le loro proteste, non hanno rinunciato al pranzo della vigilia di Natale per poter stare con le proprie famiglie.
Anche gli operai della Fiat di Termini Imerese, stabilimento che verrà chiuso entro la fine del 2011, come ha annunciato Marchionne alcune settimane fa, hanno organizzato scioperi e proteste anche per i giorni di festa. Volti scuri, poca voglia di parlare, tanta rabbia. Gli operai della Fiat e delle aziende dell’indotto sono tornati a Termini Imerese, dopo la manifestazione in piazza Montecitorio a Roma, con l’umore nero. “In questo momento serve unità, bisogna fare blocco sociale in difesa della fabbrica” afferma il segretario della Fiom di Termini Imerese, Roberto Mastrosimone, proponendo l’occupazione immediata dello stabilimento e lo sciopero a oltranza per fermare subito la produzione.

Anche i dipendenti dell'Agile (ex Eutelia) di Pregnana Milanese sono rimasti all'interno della loro azienda, occupata da ormai quasi due mesi. Lo hanno deciso durante l'assemblea organizzata dai sindacati per "valutare le forme di mobilitazione" dopo la decisione adottata il 23 dicembre dal Tribunale civile di Roma di disporre il sequestro dei beni dell'azienda e di nominare tre custodi per gestire l'ordinaria amministrazione, le commesse e il pagamento degli operai senza salario in molti casi anche da sei mesi. "Siamo soddisfatti di questo passo avanti - ha detto Angelo Pagaria, delegato della Fiom-Cgil - e ci auguriamo di incontrare i custodi subito dopo Natale. In questa fase bisogna agire molto velocemente, ripristinare le attività produttive, saldare i debiti con i fornitori e garantire ai dipendenti, da mesi senza stipendio, il pagamento degli arretrati". I lavoratori hanno annunciato che manterranno il presidio all’interno dello stabilimento "fino a quando non verranno date garanzie alle 200 persone che rischiano il licenziamento nello stabilimento di Pregnana", che conta circa 400 dipendenti. "Rimaniamo nell'azienda in turni di 10-15 persone, e qualcuno di noi ha trascorso il Natale in presidio. Abbiamo portato spumante e panettone e abbiamo comunque festeggiato". L’udienza per decidere l’amministrazione controllata del gruppo si terrà il prossimo 17 febbraio. I posti a rischio in tutti gli stabilimenti italiani del gruppo sono circa duemila per una vicenda che presenta molti lati oscuri nella gestione del personale.

“Sotto l’albero vorremmo trovare un accordo che non significhi assistenza, ma che guardi davvero al futuro. Insieme, chiediamo all’Inps di erogarci l’assegno di dicembre prima di Natale in modo da fare almeno la spesa e i regali”. E’ questo quello che chiedono i 3.200 operai della Merloni di Fabriano in cassa integrazione addirittura dall’ottobre del 2008.

Nei giorni scorsi, mentre si inaugurava a Ferentino (Frosinone) il nuovo casello autostradale dalla A1 Roma-Napoli, è giunta anche la nuova, ennesima protesta degli operai Videocon di Anagni, ormai licenziati dalla multinazionale indiana ex Videocolor: i 1.400 lavoratori sono scesi di nuovo in piazza dopo che già lo scorso ottobre avevano bloccato l’autostrada per oltre cinque ore.

Pranzo di Natale in fabbrica anche per gli operai della ''Ave Industries'' di Spinea (Venezia), azienda in crisi che da qualche giorno è occupata dalle maestranze. Menù ridotto all'osso per i 100 dipendenti della fabbrica, che produce linee altamente tecnologiche per l'imbottigliamento. Si sono scambiati gli auguri di Natale davanti al panettone, ad un po' di frutta e a qualche bottiglia di spumante, sperando che il 2010 porti per loro uno spiraglio positivo. Qualche dipendente ha portato la famiglia al rinfresco natalizio, allestito in un reparto di produzione. L'azienda sta vivendo una fase di forte difficoltà finanziaria, con le banche che hanno bloccato le linee di credito verso l'estero. Secondo i sindacalisti l’azienda non avrebbe però problemi sul fronte delle commesse, al punto che si è fatto avanti un compratore, un gruppo industriale trevigiano, concorrente della Ave. Il nuovo gruppo però, per rilevare in affitto le linee produttive, avrebbe posto delle condizioni ''capestro'', tra le quali la rinuncia del 50% dei dipendenti ad essere riassunti.

Natale di attese e speranze per migliaia di lavoratori sardi in cassa integrazione, molti dei quali hanno scelto di trascorrere il 25 dicembre in fabbrica, continuando i presidi con mogli e figli al seguito. E' successo alla Rockwool di Iglesias, dove ieri mattina è stata celebrata la messa di Natale davanti ai cancelli dello stabilimento che produce lana di roccia. A rischio ci sono 200 posti di lavoro, compreso l'indotto, in un territorio colpito da una crisi industriale sempre più profonda: almeno 30 mila disoccupati e più di 2.000 cassintegrati. Eurallumina, Portovesme srl, Alcoa: sono solo la punta dell'iceberg della crisi del Sulcis Iglesiente. Dice Bruno Usai, operaio Alcoa: “La multinazionale ha avuto in regalo un’azienda dalle partecipazioni statali e poi ha attenuto sconti sull’energia e altre regalie. Oggi, cambiate le condizioni di favore, decide di andarsene lasciandoci solo povertà. Cercheremo di impedire in ogni modo il blocco della produzione”. Anche per gli altri poli produttivi dell'Isola questo non è un periodo di festa. C'e' poi il petrolchimico di Porto Torres, in perenne crisi: ieri uno spiraglio con lo sblocco di una fideiussione fino a 20 milioni di euro deciso dalla Sfirs, la finanziaria regionale, a favore della Vinyls Italia. Ma per essere definitiva, l'operazione necessita del via libera della Commissione europea.

Nonostante il formale impegno assunto mercoledì dal ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, per la risoluzione della loro vertenza, i ricercatori precari dell’Ispra proseguono la loro protesta sul tetto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che fa capo al dicastero. L’obiettivo è sollecitare il governo affinché provveda a sanare la situazione di più di 200 lavoratori dell’ente ai quali il 31 dicembre scadranno i contratti dopo che quasi altrettanti sono venuti meno alcuni mesi fa. Una protesta che va avanti da mesi tra presidi e conferenze stampa, fino ad arrivare all’occupazione del tetto e di alcune stanze dell’edificio di Via di Casalotti.

Una parziale buona notizia è arrivata per i lavoratori della Yamaha di Lesmo (Monza). Nella notte del 22 dicembre è giunta l’intesa e i quattro operai che hanno passato sei notti sul tetto della fabbrica hanno interrotto la protesta. L’azienda si è impegnata “inderogabilmente” con i sindacati a chiedere la cassa integrazione per tutti i 66 dipendenti a rischio licenziamento. I dettagli saranno stabiliti in un incontro che si terrà martedì 29 dicembre al ministero del Lavoro. Un’altra parziale nota positiva riguarda lo stabilimento della Thyssen di Visano (Brescia). Dopo l’annuncio dei 55 licenziamenti, infatti, la mobilitazione dell’intero gruppo ha portato a un accordo che prevede ammortizzatori sociali per due anni. “Ma - dice Mauro Romanelli, operaio - il nostro sarà un Natale solo relativamente tranquillo: siamo preoccupati per i colleghi della altre aziende della provincia che non se la passano bene”.

sabato 12 dicembre 2009

martedì 8 dicembre 2009

anpi trullo magliana

Partigiani/e in ogni quartiere – Per una Roma antifascista e antirazzista

DIBATTITO VENERDI’ 11 DICEMBRE ORE 18

presso la scuola occupata “8 marzo” in Via dell’Impruneta 51 (Magliana)

organizzato dalla nuova Sezione Anpi FRANCO BARTOLINI (Trullo Magliana): PIAZZA FONTANA 1969 … VECCHIA E NUOVA RESISTENZA –

Intervengono GUIDO CALDIRON (giornalista e scrittore), GUIDO PANVINI (storico e ricercatore), ERNESTO NASSI (Segr. Prov. ANPI ROMA) - MOSTRA e PROIEZIONE a seguire cena a sottoscrizione per spese legali per compagni/e della “8 Marzo” ancora sottoposti agli arresti domiciliari

Ronde, xenofobia, intolleranza, omofobia, discriminazioni su base etnica e religiosa, indifferenza alle limitazioni della libertà di espressione, riduzione del conflitto ad attività illecita, negazione dei diritti e dell’autorganizzazione sociale. Da troppo tempo assistiamo ormai al riemergere di fenomeni e comportamenti che fino a qualche anno fa consideravamo definitivamente superati. Siamo seriamente preoccupati del diffondersi di questi disvalori nei territori, nei quartieri, fra la gente, e soprattutto fra le giovani generazioni. Questa tendenza rappresenta un pericolo che sta consolidando nuove forme più o meno palesi o organizzate di culture e pratiche fasciste.

Purtroppo, a cosi tanti anni di distanza dalla Resistenza ci ritroviamo nella necessità di dover tornare a difenderla da chi, ormai da troppo tempo, tenta di riscriverne la storia. Vogliamo ribadire quei valori di giustizia, diritti, inclusione sociale, rifiuto della guerra, della violenza e di ogni forma di sopraffazione, di eguaglianza fra tutti gli uomini e le donne, per i quali tanti anni or sono tanti uomini e donne combatterono e morirono. E’ evidente, a chi ha occhi per voler guardare, che venti anni di egemonia politica e culturale della destra stanno progressivamente demolendo quel sistema di valori e di garanzie democratiche sanciti dalla Costituzione e affermati tanti anni fa dalla lotta antifascista e dalla Resistenza, che rappresentano per noi ancora oggi un patrimonio prezioso e imprescindibile.

Pensiamo che, contro chi vorrebbe ributtarci indietro nella storia, sia necessario riprendere in mano quei valori, riportarli nelle strade, nelle scuole, nei quartieri, riaffermarli con rinnovata forza e determinazione, nella convinzione che, oggi come allora, indichino la direzione dell’avanzamento sociale e civile della intera società.

L’ A.N.P.I., associazione nazionale partigiani d’Italia, da sempre depositaria del patrimonio politico e culturale della resistenza, ha negli ultimi anni, inaugurato un nuovo corso aprendo la propria organizzazione a tutti gli uomini e le donne che, per motivi anagrafici, non hanno materialmente partecipato alla guerra di Liberazione, ma che, in quegli ideali credono fermamente, come fecero allora i partigiani. Si stanno aprendo nuove sezione territoriali e in quelle già in essere entrano nuove giovani energie. L’obbiettivo è quello di rinnovare lo spirito popolare della Resistenza, ribadirne gli ideali, diffonderli ed adattarli alle nuove necessità, rinnovarne le forme espressive, e costruire una rete nazionale e reti territoriali che dei valori e della pratica dell’antifascismo siano presidio e testimoni nell’attualità come nella memoria.

Per questo abbiamo deciso di aprire una nuova sezione ANPI nella zona Trullo-Magliana e di dar vita ad un dibattito che a partire dalla strage di Piazza Fontana (12 dicembre 1969) ricostruisca gli anni ’70 e li metta in relazione con un intervento concreto come ANTIFASCISTI/E romani/e.

VI INVITIAMO A PARTECIPARE TUTTI/E AL DIBATTITO presso la scuola occupata “8 MARZO” l’11 dicembre 2009 alle ore 18 in Via dell’Impruneta 51 a Magliana.

ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D’ITALIA

SEZIONE FRANCO BARTOLINI (TRULLO – MAGLIANA)

PIAZZA MOSCA 50/51 – ROMA

e-mail: comitatoxanpi15@gmail.com. - tel. 06/97603529

lunedì 7 dicembre 2009

l'america latina vince ancora

PODER POPULAR
















Dopo il trionfo del Frente Amplio in Uruguay, Evo Morales ha stravinto le elezioni presidenziali in Bolivia superando agevolmente il 60% e dove il Mas(Movimento al Socialismo) cresce anche nelle regioni tradizionalmente ostili.

R
iportiamo di seguito un articolo tratto da www.gennarocarotenuto.it

Pepe Mujica presidente, “il mondo alla rovescia”

Pepe Mujica, l’ex guerrigliero Tupamaro, per 13 anni prigioniero della dittatura fondomonetarista, per nove anni rinchiuso in un pozzo e torturato continuamente, è il nuovo presidente della Repubblica in Uruguay. Ha ottenuto il 51,9% dei voti, superando il 50.4% con il quale Tabaré Vázquez era stato eletto cinque anni fa. Il suo rivale, Luís Alberto “Cuqui” Lacalle, del Partito Nazionale, si è fermato al 42.9% dei voti.

E’ uno scarto di nove punti, superiore a tutte le aspettative e, con un’affluenza alle urne superiore al 90% in uno dei paesi dal più alto senso civico al mondo, conferma che quella del presunto rifiuto per la figura popolana e popolare e dal passato guerrigliero di Mujica era una menzogna cucinata e venduta a basso costo dal complesso disinformativo-industriale di massa.

Il trionfo di Mujica (nella foto incredibilmente in giacca, ma senza cravatta) è espressione di quello che negli anni del Concilio Vaticano II si sarebbe definito “segno dei tempi”. Come ha detto lo stesso dirigente politico tupamaro, emozionatissimo nel suo primo discorso sotto la pioggia battente a decine di migliaia di orientali che hanno festeggiato con i colori del Frente Amplio, quello che lo porta alla presidenza è proprio “un mondo alla rovescia”.

Un mondo nuovo i contorni del quale non sono ancora del tutto visibili nella prudenza dei grandi dirigenti politici che rappresentano il fiorire dei movimenti sociali, indigeni, popolari del Continente ma che si tratteggia in due grandi temi di fondo: uguaglianza tra i cittadini e unità latinoamericana.

Mujica è stato chiarissimo: il primo valore della sua presidenza sarà il mettere l’uguaglianza tra i cittadini al primo posto e il primo ringraziamento è andato oltre che al popolo orientale "ai fratelli latinoamericani, ai dirigenti politici che li stanno rappresentando e che rappresentano le speranze finora frustrate di un continente che tenta di unirsi con tutte le sue forze”.

Proprio il trionfo di Mujica, la quarta figura che viene dal basso, plebea se preferite, e non espressione delle classi dirigenti, illuminate o meno, a divenire presidente in appena un decennio, testimonia che l’America latina sta riscrivendo la grammatica politica della rappresentanza democratica in questo inizio di XXI secolo in una misura perfino insospettabile e incomprensibile in Europa.

Mujica, nonostante la militanza politica di più di mezzo secolo, è un venditore di fiori recisi nei mercati rionali. E’ uno che quando è diventato deputato per la prima volta e fino a che non ha avuto responsabilità di governo ha accettato dallo Stato solo il salario minimo di un operaio e, siccome questo non è sufficiente per vivere, ha continuato a vendere fiori nei mercati rionali. Per campare. Indecoroso per un parlamentare, ma solo così, solo dal basso, oggi Mujica può permettersi a testa alta di rappresentare il popolo e proporre a questo “un governo onesto”.

Non è un medico, come Tabaré Vázquez o Salvador Allende o Ernesto Guevara, né ha un dottorato in Belgio come l’ecuadoriano Rafael Correa. Non ha studiato dai gesuiti come Fidel Castro né proviene dalla classe dirigente illuminata come Michelle Bachelet in Cile o i coniugi Kirchner in Argentina. Non è, soprattutto, un pollo di batteria, allevato per star bene in società come tanti burocratini dei partiti politici della sinistra europea, che infatti passa di sconfitta in sconfitta e di frammentazione in frammentazione mentre invece in America l’unità delle sinistre è un fatto.

Pepe il venditore di fiori recisi nei mercatini rionali è un uomo del popolo come l’operaio Lula in Brasile, come il militare di umili origini Hugo Chávez in Venezuela e come il sindacalista indigeno Evo Morales in Bolivia. Non a caso sono tre uomini politici che hanno mantenuto un rapporto privilegiato con la loro classe di provenienza, che non hanno tradito e che sono ricompensati con alcuni tra i più alti indici di popolarità al mondo, nonostante siano costantemente vittime di campagne ben orchestrate di diffamazione da parte dei complessi mediatici nazionali e internazionali.

Non è un caso che da questi dirigenti politici venga posto sul piatto dell’agenda politica lo scandaloso problema dell’uguaglianza che trent’anni di retorica neoliberale avevano umiliato, vilipeso e cancellato e che invece è più che mai l’unico motore dell’unico futuro possibile non solo in America latina.

L’America latina integrazionista, dove diventa presidente un ex-guerrigliero venditore di fiori recisi nei mercatini dei quartieri popolari di Montevideo, è davvero “il mondo alla rovescia”, ma è anche la speranza di un “mondo nuovo”, di un nuovo inizio e un futuro migliore in pace e in democrazia. Questa speranza non poteva che venire dal Sud del mondo, da quella “Patria grande latinoamericana” che sta riscrivendo la Storia.

mercoledì 2 dicembre 2009

no berlusconi

NO BERLUSCONI DAY



Berlusconi e la sua banda di sfruttatori, trafficanti, imbroglioni, fascisti, mafiosi e cardinali infesta il nostro paese da troppo tempo. È ora di mandare a casa lui e i suoi tirapiedi!

Il periodo di lacrime e sangue che si prospetta nel prossimo futuro per la classe operaia, i lavoratori e le masse popolari tutte ha numerosi responsabili, tutti uniti sotto un unico cartello: quello della borghesia imperialista e del Vaticano.

La crisi del sistema capitalista che negli ultimi due anni ha subito una forte accelerazione, è un’occasione per i ricchi di accumulare ancora più ricchezza sulle spalle dei proletari e un’ulteriore condanna alla miseria, alla fame, alla repressione e alla guerra per le masse popolari.

Cassa integrazione, mobilità, licenziamenti, rincaro degli affitti, delle bollette, degli alimentari, della benzina, delle imposte e peggioramento generale delle condizioni di vita e di lavoro sono la linea portante del programma che i padroni, i capitalisti vogliono farci ingoiare.

Berlusconi e la sua banda sono i difensori più accaniti, anche a livello internazionale, di questo corso delle cose, sono i realizzatori più ossequiosi del programma della borghesia imperialista.

Non è sufficiente costruire “una forte opposizione” che dalle sole aule parlamentari cerchi di mettere i bastoni tra le ruote (quando riesce a farlo o quando vuole) alla banda Berlusconi. Bisogna mobilitare le masse e sostenerle nella loro crescente mobilitazione che si oppone all’oppressione e allo sfruttamento di questo campione dei padroni.

La manifestazione NO Berlusconi day del 5 dicembre a Roma è un’importante occasione per gridare forte e chiaro che Berlusconi e la sua banda se ne devono andare! È un’occasione importante per capire e far capire ad una cerchia sempre più vasta delle masse popolari che solo organizzandoci e unendoci possiamo lottare efficacemente per i nostri interessi, che sono opposti a quelli dei padroni.

Il Coordinamento dei Collettivi Comunisti aderisce alla manifestazione No Berlusconi day per dare un suo contributo alla cacciata della banda Berlusconi e per promuovere e sostenere l’organizzazione delle masse, in particolare della classe operaia, e raccogliere forze e risorse per ridare alla classe operaia il suo partito comunista.

Per rafforzare il lavoro unitario dei comunisti nel processo di ricostruzione del partito comunista, promuoviamo la formazione di uno spezzone comune di tutte le componenti del movimento comunista dietro lo striscione di Comunisti Uniti.

Con il suo partito comunista la classe operaia ha saputo mobilitare le masse e sconfiggere nemici ben più potenti di questo fantoccio in doppio petto e dei suoi scagnozzi.

Partecipiamo numerosi alla manifestazione No Berlusconi day del 5 dicembre a Roma

Berlusconi e la sua banda se ne devono andare!