sabato 26 dicembre 2009

operai e crisi

LA CRISI ........E I LAVORATORI

Articolo tratto da radio città aperta

Le luci sfavillanti dei centri storici delle nostre città e le artificiose rappresentazioni di allegria e serenità delle nostre tv non corrispondono alla realtà di un paese duramente colpito dalla crisi. Nonostante le festività infatti migliaia di operai, lavoratori precari o cassintegrati stanno portando avanti dure forme di lotta per difendere il proprio posto di lavoro e rivendicare un futuro degno per sé e le proprie famiglie e comunità. Mentre media e politici continuano a parlare ossessivamente di fine della recessione, le statistiche ufficiali descrivono un Natale che verrà ricordato per la scarsezza dei regali: lo conferma l’Istat che, evidenziando come siano oltre 500mila i posti persi soltanto nel terzo trimestre del 2009, lascia pochi dubbi sulla pesantezza della crisi e sui suoi effetti.

A Pomigliano d'Arco, in Campania, 92 lavoratori precari della Fiat che stanno per perdere il posto di lavoro continuano ad occupare il locale municipio, invaso lo scorso 16 dicembre. Con loro, oltre al sindaco, anche il vescovo di Nola, Beniamino Depalma, che ieri alle 18 ha celebrato la messa di Natale nel municipio insieme agli occupanti e alle loro famiglie. Il problema non è solo di coloro che stanno per perdere il posto di lavoro: anche gli altri 5000 dipendenti sono da tempo in una situazione estremamente incerta, lavorano sì e no una settimana al mese ormai da un anno, sostenuti da una Cassa Integrazione che non basta certo a mantenere la famiglia. Le assicurazioni dell'amministratore delegato della Fiat, realizzate lo scorso 22 dicembre nel corso dell'incontro con il governo a Palazzo Chigi, non li hanno tranquillizzati per niente: "Il 30 avremo un nuovo incontro in prefettura, con il prefetto, i sindacati e un paio di sindaci che ci sono vicini. Però non vediamo novità immediate, - spiega Domenico Loffredo, Rsu della Fiom - continuiamo a lavorare tre, quattro giorni al mese al massimo, e dalle dichiarazioni che sono state fatte a Palazzo Chigi penso che questa situazione andrà avanti per un bel po'. Certo, nel 2012 dovremo entrare nel ciclo produttivo della Panda e lavorare un pochino di più. Però intanto l'altro modello che abbiamo, la 159, tra due anni sarà finito, ci ritroveremo probabilmente nella stessa situazione, visto che la 147 è ormai praticamente dimessa. Siamo preoccupati, non vorremmo che parlare della Panda fosse solo un modo per tenerci buoni nel frattempo". Intanto, gli operai di Pomigliano, nonostante abbiano dormito nel municipio, con le loro proteste, non hanno rinunciato al pranzo della vigilia di Natale per poter stare con le proprie famiglie.
Anche gli operai della Fiat di Termini Imerese, stabilimento che verrà chiuso entro la fine del 2011, come ha annunciato Marchionne alcune settimane fa, hanno organizzato scioperi e proteste anche per i giorni di festa. Volti scuri, poca voglia di parlare, tanta rabbia. Gli operai della Fiat e delle aziende dell’indotto sono tornati a Termini Imerese, dopo la manifestazione in piazza Montecitorio a Roma, con l’umore nero. “In questo momento serve unità, bisogna fare blocco sociale in difesa della fabbrica” afferma il segretario della Fiom di Termini Imerese, Roberto Mastrosimone, proponendo l’occupazione immediata dello stabilimento e lo sciopero a oltranza per fermare subito la produzione.

Anche i dipendenti dell'Agile (ex Eutelia) di Pregnana Milanese sono rimasti all'interno della loro azienda, occupata da ormai quasi due mesi. Lo hanno deciso durante l'assemblea organizzata dai sindacati per "valutare le forme di mobilitazione" dopo la decisione adottata il 23 dicembre dal Tribunale civile di Roma di disporre il sequestro dei beni dell'azienda e di nominare tre custodi per gestire l'ordinaria amministrazione, le commesse e il pagamento degli operai senza salario in molti casi anche da sei mesi. "Siamo soddisfatti di questo passo avanti - ha detto Angelo Pagaria, delegato della Fiom-Cgil - e ci auguriamo di incontrare i custodi subito dopo Natale. In questa fase bisogna agire molto velocemente, ripristinare le attività produttive, saldare i debiti con i fornitori e garantire ai dipendenti, da mesi senza stipendio, il pagamento degli arretrati". I lavoratori hanno annunciato che manterranno il presidio all’interno dello stabilimento "fino a quando non verranno date garanzie alle 200 persone che rischiano il licenziamento nello stabilimento di Pregnana", che conta circa 400 dipendenti. "Rimaniamo nell'azienda in turni di 10-15 persone, e qualcuno di noi ha trascorso il Natale in presidio. Abbiamo portato spumante e panettone e abbiamo comunque festeggiato". L’udienza per decidere l’amministrazione controllata del gruppo si terrà il prossimo 17 febbraio. I posti a rischio in tutti gli stabilimenti italiani del gruppo sono circa duemila per una vicenda che presenta molti lati oscuri nella gestione del personale.

“Sotto l’albero vorremmo trovare un accordo che non significhi assistenza, ma che guardi davvero al futuro. Insieme, chiediamo all’Inps di erogarci l’assegno di dicembre prima di Natale in modo da fare almeno la spesa e i regali”. E’ questo quello che chiedono i 3.200 operai della Merloni di Fabriano in cassa integrazione addirittura dall’ottobre del 2008.

Nei giorni scorsi, mentre si inaugurava a Ferentino (Frosinone) il nuovo casello autostradale dalla A1 Roma-Napoli, è giunta anche la nuova, ennesima protesta degli operai Videocon di Anagni, ormai licenziati dalla multinazionale indiana ex Videocolor: i 1.400 lavoratori sono scesi di nuovo in piazza dopo che già lo scorso ottobre avevano bloccato l’autostrada per oltre cinque ore.

Pranzo di Natale in fabbrica anche per gli operai della ''Ave Industries'' di Spinea (Venezia), azienda in crisi che da qualche giorno è occupata dalle maestranze. Menù ridotto all'osso per i 100 dipendenti della fabbrica, che produce linee altamente tecnologiche per l'imbottigliamento. Si sono scambiati gli auguri di Natale davanti al panettone, ad un po' di frutta e a qualche bottiglia di spumante, sperando che il 2010 porti per loro uno spiraglio positivo. Qualche dipendente ha portato la famiglia al rinfresco natalizio, allestito in un reparto di produzione. L'azienda sta vivendo una fase di forte difficoltà finanziaria, con le banche che hanno bloccato le linee di credito verso l'estero. Secondo i sindacalisti l’azienda non avrebbe però problemi sul fronte delle commesse, al punto che si è fatto avanti un compratore, un gruppo industriale trevigiano, concorrente della Ave. Il nuovo gruppo però, per rilevare in affitto le linee produttive, avrebbe posto delle condizioni ''capestro'', tra le quali la rinuncia del 50% dei dipendenti ad essere riassunti.

Natale di attese e speranze per migliaia di lavoratori sardi in cassa integrazione, molti dei quali hanno scelto di trascorrere il 25 dicembre in fabbrica, continuando i presidi con mogli e figli al seguito. E' successo alla Rockwool di Iglesias, dove ieri mattina è stata celebrata la messa di Natale davanti ai cancelli dello stabilimento che produce lana di roccia. A rischio ci sono 200 posti di lavoro, compreso l'indotto, in un territorio colpito da una crisi industriale sempre più profonda: almeno 30 mila disoccupati e più di 2.000 cassintegrati. Eurallumina, Portovesme srl, Alcoa: sono solo la punta dell'iceberg della crisi del Sulcis Iglesiente. Dice Bruno Usai, operaio Alcoa: “La multinazionale ha avuto in regalo un’azienda dalle partecipazioni statali e poi ha attenuto sconti sull’energia e altre regalie. Oggi, cambiate le condizioni di favore, decide di andarsene lasciandoci solo povertà. Cercheremo di impedire in ogni modo il blocco della produzione”. Anche per gli altri poli produttivi dell'Isola questo non è un periodo di festa. C'e' poi il petrolchimico di Porto Torres, in perenne crisi: ieri uno spiraglio con lo sblocco di una fideiussione fino a 20 milioni di euro deciso dalla Sfirs, la finanziaria regionale, a favore della Vinyls Italia. Ma per essere definitiva, l'operazione necessita del via libera della Commissione europea.

Nonostante il formale impegno assunto mercoledì dal ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, per la risoluzione della loro vertenza, i ricercatori precari dell’Ispra proseguono la loro protesta sul tetto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che fa capo al dicastero. L’obiettivo è sollecitare il governo affinché provveda a sanare la situazione di più di 200 lavoratori dell’ente ai quali il 31 dicembre scadranno i contratti dopo che quasi altrettanti sono venuti meno alcuni mesi fa. Una protesta che va avanti da mesi tra presidi e conferenze stampa, fino ad arrivare all’occupazione del tetto e di alcune stanze dell’edificio di Via di Casalotti.

Una parziale buona notizia è arrivata per i lavoratori della Yamaha di Lesmo (Monza). Nella notte del 22 dicembre è giunta l’intesa e i quattro operai che hanno passato sei notti sul tetto della fabbrica hanno interrotto la protesta. L’azienda si è impegnata “inderogabilmente” con i sindacati a chiedere la cassa integrazione per tutti i 66 dipendenti a rischio licenziamento. I dettagli saranno stabiliti in un incontro che si terrà martedì 29 dicembre al ministero del Lavoro. Un’altra parziale nota positiva riguarda lo stabilimento della Thyssen di Visano (Brescia). Dopo l’annuncio dei 55 licenziamenti, infatti, la mobilitazione dell’intero gruppo ha portato a un accordo che prevede ammortizzatori sociali per due anni. “Ma - dice Mauro Romanelli, operaio - il nostro sarà un Natale solo relativamente tranquillo: siamo preoccupati per i colleghi della altre aziende della provincia che non se la passano bene”.

sabato 12 dicembre 2009

martedì 8 dicembre 2009

anpi trullo magliana

Partigiani/e in ogni quartiere – Per una Roma antifascista e antirazzista

DIBATTITO VENERDI’ 11 DICEMBRE ORE 18

presso la scuola occupata “8 marzo” in Via dell’Impruneta 51 (Magliana)

organizzato dalla nuova Sezione Anpi FRANCO BARTOLINI (Trullo Magliana): PIAZZA FONTANA 1969 … VECCHIA E NUOVA RESISTENZA –

Intervengono GUIDO CALDIRON (giornalista e scrittore), GUIDO PANVINI (storico e ricercatore), ERNESTO NASSI (Segr. Prov. ANPI ROMA) - MOSTRA e PROIEZIONE a seguire cena a sottoscrizione per spese legali per compagni/e della “8 Marzo” ancora sottoposti agli arresti domiciliari

Ronde, xenofobia, intolleranza, omofobia, discriminazioni su base etnica e religiosa, indifferenza alle limitazioni della libertà di espressione, riduzione del conflitto ad attività illecita, negazione dei diritti e dell’autorganizzazione sociale. Da troppo tempo assistiamo ormai al riemergere di fenomeni e comportamenti che fino a qualche anno fa consideravamo definitivamente superati. Siamo seriamente preoccupati del diffondersi di questi disvalori nei territori, nei quartieri, fra la gente, e soprattutto fra le giovani generazioni. Questa tendenza rappresenta un pericolo che sta consolidando nuove forme più o meno palesi o organizzate di culture e pratiche fasciste.

Purtroppo, a cosi tanti anni di distanza dalla Resistenza ci ritroviamo nella necessità di dover tornare a difenderla da chi, ormai da troppo tempo, tenta di riscriverne la storia. Vogliamo ribadire quei valori di giustizia, diritti, inclusione sociale, rifiuto della guerra, della violenza e di ogni forma di sopraffazione, di eguaglianza fra tutti gli uomini e le donne, per i quali tanti anni or sono tanti uomini e donne combatterono e morirono. E’ evidente, a chi ha occhi per voler guardare, che venti anni di egemonia politica e culturale della destra stanno progressivamente demolendo quel sistema di valori e di garanzie democratiche sanciti dalla Costituzione e affermati tanti anni fa dalla lotta antifascista e dalla Resistenza, che rappresentano per noi ancora oggi un patrimonio prezioso e imprescindibile.

Pensiamo che, contro chi vorrebbe ributtarci indietro nella storia, sia necessario riprendere in mano quei valori, riportarli nelle strade, nelle scuole, nei quartieri, riaffermarli con rinnovata forza e determinazione, nella convinzione che, oggi come allora, indichino la direzione dell’avanzamento sociale e civile della intera società.

L’ A.N.P.I., associazione nazionale partigiani d’Italia, da sempre depositaria del patrimonio politico e culturale della resistenza, ha negli ultimi anni, inaugurato un nuovo corso aprendo la propria organizzazione a tutti gli uomini e le donne che, per motivi anagrafici, non hanno materialmente partecipato alla guerra di Liberazione, ma che, in quegli ideali credono fermamente, come fecero allora i partigiani. Si stanno aprendo nuove sezione territoriali e in quelle già in essere entrano nuove giovani energie. L’obbiettivo è quello di rinnovare lo spirito popolare della Resistenza, ribadirne gli ideali, diffonderli ed adattarli alle nuove necessità, rinnovarne le forme espressive, e costruire una rete nazionale e reti territoriali che dei valori e della pratica dell’antifascismo siano presidio e testimoni nell’attualità come nella memoria.

Per questo abbiamo deciso di aprire una nuova sezione ANPI nella zona Trullo-Magliana e di dar vita ad un dibattito che a partire dalla strage di Piazza Fontana (12 dicembre 1969) ricostruisca gli anni ’70 e li metta in relazione con un intervento concreto come ANTIFASCISTI/E romani/e.

VI INVITIAMO A PARTECIPARE TUTTI/E AL DIBATTITO presso la scuola occupata “8 MARZO” l’11 dicembre 2009 alle ore 18 in Via dell’Impruneta 51 a Magliana.

ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D’ITALIA

SEZIONE FRANCO BARTOLINI (TRULLO – MAGLIANA)

PIAZZA MOSCA 50/51 – ROMA

e-mail: comitatoxanpi15@gmail.com. - tel. 06/97603529

lunedì 7 dicembre 2009

l'america latina vince ancora

PODER POPULAR
















Dopo il trionfo del Frente Amplio in Uruguay, Evo Morales ha stravinto le elezioni presidenziali in Bolivia superando agevolmente il 60% e dove il Mas(Movimento al Socialismo) cresce anche nelle regioni tradizionalmente ostili.

R
iportiamo di seguito un articolo tratto da www.gennarocarotenuto.it

Pepe Mujica presidente, “il mondo alla rovescia”

Pepe Mujica, l’ex guerrigliero Tupamaro, per 13 anni prigioniero della dittatura fondomonetarista, per nove anni rinchiuso in un pozzo e torturato continuamente, è il nuovo presidente della Repubblica in Uruguay. Ha ottenuto il 51,9% dei voti, superando il 50.4% con il quale Tabaré Vázquez era stato eletto cinque anni fa. Il suo rivale, Luís Alberto “Cuqui” Lacalle, del Partito Nazionale, si è fermato al 42.9% dei voti.

E’ uno scarto di nove punti, superiore a tutte le aspettative e, con un’affluenza alle urne superiore al 90% in uno dei paesi dal più alto senso civico al mondo, conferma che quella del presunto rifiuto per la figura popolana e popolare e dal passato guerrigliero di Mujica era una menzogna cucinata e venduta a basso costo dal complesso disinformativo-industriale di massa.

Il trionfo di Mujica (nella foto incredibilmente in giacca, ma senza cravatta) è espressione di quello che negli anni del Concilio Vaticano II si sarebbe definito “segno dei tempi”. Come ha detto lo stesso dirigente politico tupamaro, emozionatissimo nel suo primo discorso sotto la pioggia battente a decine di migliaia di orientali che hanno festeggiato con i colori del Frente Amplio, quello che lo porta alla presidenza è proprio “un mondo alla rovescia”.

Un mondo nuovo i contorni del quale non sono ancora del tutto visibili nella prudenza dei grandi dirigenti politici che rappresentano il fiorire dei movimenti sociali, indigeni, popolari del Continente ma che si tratteggia in due grandi temi di fondo: uguaglianza tra i cittadini e unità latinoamericana.

Mujica è stato chiarissimo: il primo valore della sua presidenza sarà il mettere l’uguaglianza tra i cittadini al primo posto e il primo ringraziamento è andato oltre che al popolo orientale "ai fratelli latinoamericani, ai dirigenti politici che li stanno rappresentando e che rappresentano le speranze finora frustrate di un continente che tenta di unirsi con tutte le sue forze”.

Proprio il trionfo di Mujica, la quarta figura che viene dal basso, plebea se preferite, e non espressione delle classi dirigenti, illuminate o meno, a divenire presidente in appena un decennio, testimonia che l’America latina sta riscrivendo la grammatica politica della rappresentanza democratica in questo inizio di XXI secolo in una misura perfino insospettabile e incomprensibile in Europa.

Mujica, nonostante la militanza politica di più di mezzo secolo, è un venditore di fiori recisi nei mercati rionali. E’ uno che quando è diventato deputato per la prima volta e fino a che non ha avuto responsabilità di governo ha accettato dallo Stato solo il salario minimo di un operaio e, siccome questo non è sufficiente per vivere, ha continuato a vendere fiori nei mercati rionali. Per campare. Indecoroso per un parlamentare, ma solo così, solo dal basso, oggi Mujica può permettersi a testa alta di rappresentare il popolo e proporre a questo “un governo onesto”.

Non è un medico, come Tabaré Vázquez o Salvador Allende o Ernesto Guevara, né ha un dottorato in Belgio come l’ecuadoriano Rafael Correa. Non ha studiato dai gesuiti come Fidel Castro né proviene dalla classe dirigente illuminata come Michelle Bachelet in Cile o i coniugi Kirchner in Argentina. Non è, soprattutto, un pollo di batteria, allevato per star bene in società come tanti burocratini dei partiti politici della sinistra europea, che infatti passa di sconfitta in sconfitta e di frammentazione in frammentazione mentre invece in America l’unità delle sinistre è un fatto.

Pepe il venditore di fiori recisi nei mercatini rionali è un uomo del popolo come l’operaio Lula in Brasile, come il militare di umili origini Hugo Chávez in Venezuela e come il sindacalista indigeno Evo Morales in Bolivia. Non a caso sono tre uomini politici che hanno mantenuto un rapporto privilegiato con la loro classe di provenienza, che non hanno tradito e che sono ricompensati con alcuni tra i più alti indici di popolarità al mondo, nonostante siano costantemente vittime di campagne ben orchestrate di diffamazione da parte dei complessi mediatici nazionali e internazionali.

Non è un caso che da questi dirigenti politici venga posto sul piatto dell’agenda politica lo scandaloso problema dell’uguaglianza che trent’anni di retorica neoliberale avevano umiliato, vilipeso e cancellato e che invece è più che mai l’unico motore dell’unico futuro possibile non solo in America latina.

L’America latina integrazionista, dove diventa presidente un ex-guerrigliero venditore di fiori recisi nei mercatini dei quartieri popolari di Montevideo, è davvero “il mondo alla rovescia”, ma è anche la speranza di un “mondo nuovo”, di un nuovo inizio e un futuro migliore in pace e in democrazia. Questa speranza non poteva che venire dal Sud del mondo, da quella “Patria grande latinoamericana” che sta riscrivendo la Storia.

mercoledì 2 dicembre 2009

no berlusconi

NO BERLUSCONI DAY



Berlusconi e la sua banda di sfruttatori, trafficanti, imbroglioni, fascisti, mafiosi e cardinali infesta il nostro paese da troppo tempo. È ora di mandare a casa lui e i suoi tirapiedi!

Il periodo di lacrime e sangue che si prospetta nel prossimo futuro per la classe operaia, i lavoratori e le masse popolari tutte ha numerosi responsabili, tutti uniti sotto un unico cartello: quello della borghesia imperialista e del Vaticano.

La crisi del sistema capitalista che negli ultimi due anni ha subito una forte accelerazione, è un’occasione per i ricchi di accumulare ancora più ricchezza sulle spalle dei proletari e un’ulteriore condanna alla miseria, alla fame, alla repressione e alla guerra per le masse popolari.

Cassa integrazione, mobilità, licenziamenti, rincaro degli affitti, delle bollette, degli alimentari, della benzina, delle imposte e peggioramento generale delle condizioni di vita e di lavoro sono la linea portante del programma che i padroni, i capitalisti vogliono farci ingoiare.

Berlusconi e la sua banda sono i difensori più accaniti, anche a livello internazionale, di questo corso delle cose, sono i realizzatori più ossequiosi del programma della borghesia imperialista.

Non è sufficiente costruire “una forte opposizione” che dalle sole aule parlamentari cerchi di mettere i bastoni tra le ruote (quando riesce a farlo o quando vuole) alla banda Berlusconi. Bisogna mobilitare le masse e sostenerle nella loro crescente mobilitazione che si oppone all’oppressione e allo sfruttamento di questo campione dei padroni.

La manifestazione NO Berlusconi day del 5 dicembre a Roma è un’importante occasione per gridare forte e chiaro che Berlusconi e la sua banda se ne devono andare! È un’occasione importante per capire e far capire ad una cerchia sempre più vasta delle masse popolari che solo organizzandoci e unendoci possiamo lottare efficacemente per i nostri interessi, che sono opposti a quelli dei padroni.

Il Coordinamento dei Collettivi Comunisti aderisce alla manifestazione No Berlusconi day per dare un suo contributo alla cacciata della banda Berlusconi e per promuovere e sostenere l’organizzazione delle masse, in particolare della classe operaia, e raccogliere forze e risorse per ridare alla classe operaia il suo partito comunista.

Per rafforzare il lavoro unitario dei comunisti nel processo di ricostruzione del partito comunista, promuoviamo la formazione di uno spezzone comune di tutte le componenti del movimento comunista dietro lo striscione di Comunisti Uniti.

Con il suo partito comunista la classe operaia ha saputo mobilitare le masse e sconfiggere nemici ben più potenti di questo fantoccio in doppio petto e dei suoi scagnozzi.

Partecipiamo numerosi alla manifestazione No Berlusconi day del 5 dicembre a Roma

Berlusconi e la sua banda se ne devono andare!

domenica 22 novembre 2009

con gli operai in lotta

SOLIDARIETA' AI LAVORATORI DELL'ALCOA




SOSTEGNAMO LA LOTTA DEGLI OPERAI DELL'ALCOA
IN DIFESA DEL LORO POSTO DI LAVORO

sabato 7 novembre 2009

sostenere le lotte

Solidarietà ai lavoratori dell’Eutelia in lotta!

Da mesi i lavoratori dell’Eutelia, azienda informatica di proprietà del padrone Landi, sono in lotta contro i licenziamenti annunciati di 2000 lavoratori del gruppo. Questi lavoratori non percepiscono lo stipendio dal mese di luglio e sono ormai sul lastrico. Ma perché perdono il posto lavoro? Assistiamo all’ennesima chiusura a causa di una speculazione; il solito “gioco delle scatole cinesi” attraverso cui i padroni, ancor di più oggi, in una fase di crisi generale mondiale del capitalismo, intendono far pagare ai lavoratori e alle masse popolari la propria crisi economica finanziaria che si riflette in ogni aspetto delle relazioni sociali.

Ciò che sta avvenendo all’Eutelia quasi non fa più notizia perché sono centinaia le grandi e medie aziende e decine di migliaia le piccole aziende che chiudono, licenziano, mettono in cassa integrazione, compromettono il futuro di milioni di lavoratori e lavoratrici.

I lavoratori dell’Eutelia hanno imboccato la strada dell’occupazione dell’azienda per imporre la trattativa con la proprietà e con le istituzioni dormienti, ma soprattutto hanno scelto la strada di non cedere il passo alla speculazione in atto, alla rapina del proprio futuro che il padrone di turno - in questo caso Landi - e l’immancabile banca di turno - in questo caso il Monte dei paschi di Siena - sta commettendo contro i lavoratori e le loro famiglie.

Martedi 17 all’alba una squadraccia di mercenari di un'agenzia di picchiatori professionisti, guidata dal figlio del padrone, si introduce nei locali occupati scassinando, danneggiando porte, spacciandosi per poliziotti e cercando di intimidire e provocare i lavoratori presenti. Ma la pronta reazione dei lavoratori dell’Eutelia e l’immediato intervento centinaia di lavoratori e delegati sindacali hanno impedito il degenerare della situazione. Denunciamo il pesante di clima di repressione e il violento attacco che subiscono tutti quei lavoratori che si battono per i loro diritti e per la difesa del salario.

Ma quello dell’Eutelia è uno dei tanti esempi della crescente resistenza della classe operaia e dei lavoratori alla crisi devastante del capitalismo; si tratta di una strada obbligata, non si può rimanere a guardare mentre da un giorno all’altro migliaia di lavoratori vengono privati delle proprie fonti di sostentamento economico. Le stime “ufficiali” parlano di 650.000 posti di lavoro persi quest’anno, ma la “lista nera” è molto più lunga. L’unica strada che hanno i lavoratori è quello di non rimanere all’interno delle trattative ufficiali , tradizionali, ma di scendere sul terreno della lotta aperta contro il padrone, rendendo la questione un fatto di “ordine pubblico” attraverso l’unità dei lavoratori nella lotta, realizzando il coordinamento delle varie realtà in mobilitazione.

Ogni lotta. Se lasciata sola, è isolata e più debole contro la cordata delle banche e delle aziende sostenute e foraggiate economicamente dallo Stato. Quanti miliardi di euro sono affluiti alle banche per evitare la bancarotta? Nessuno lo sa. I lavoratori e le masse popolari di questa città si devono stringere intorno ai lavoratori dell’Eutelia come di altre situazioni di crisi e sviluppare un coordinamento di lotta e solidarietà contro la crisi al di là delle rispettive direzioni sindacali di appartenenza.

L’unità e l’estensione della resistenza fanno paura alla borghesia dominante e al governo! Questa è l’unica strada vincente! Difendere il salario e il posto di lavoro con ogni mezzo possibile!

Il movimento comunista non ha altra strada che quello di tornare ad essere il partito dei lavoratori e degli sfruttati, che indica e lavora concretamente per l’affermazione di una società socialista dei lavoratori per i lavoratori. E’ una strada lunga e difficile, ma necessaria poiché non esistono il capitalismo buono o temperato e quello aggressivo: esiste solo un modo di produzione e la sua classe di parassiti che ha il suo dio nel profitto.

Affinche la crisi non venga pagata sempre e soltanto dai lavoratori occorre costruire la società senza classi.e

Per chi volesscontribuire a sostegno delle famiglie dei lavoratori in situazione di maggiore criticità economica è attivo il conto corrente postale N. 000098822810 - Codice IBAN IT28 U076 0103 2000 0009 8822 810 - intestato a Giovanni Seccia e Gloria Salvatori.

per informazioni consultare il sito www.eulav.net

rivoluzione ottobre

7 NOVEMBRE 1917


VIVA LA RIVOLUZIONE D'OTTOBRE



martedì 27 ottobre 2009

mercoledì 14 ottobre 2009

con giap

SOLIDARIETA' AI COMPAGNI DI GIAP


Il Collettivo Comunista Romano esprime piena solidarietà ai compagni dell’occupazione GIAP.
Dietro una facciata di apparente moderatismo, la giunta Alemanno si muove in perfetta sintonia con il governo Berlusconi, operando in funzione dell’annientamento di ogni possibile opposizione politica e sociale incompatibile con il sistema capitalistico.
Prima lo sgombero del Regina Elena, oggi il pugno di ferro contro GIAP; solo poche settimane fa, gli arresti di massa – prevalentemente preventivi – nei confronti dei militanti dei movimenti. Mentre chi aggredisce migranti, omossessuali e compagni vive nella più totale impunità. Il clima in questo Paese si fa ogni giorno più pesante, lo dimostrano anche i fatti di Pistoia, che si configurano come veri e propri rastrellamenti di carattere squadristico.
Di fronte ad un simile contesto, la solidarietà di classe è arma necessaria, seppure non sufficiente, per contrastare l’avanzata, a colpi di riforme e manganello, della parte più retriva del Capitale.
Accanto a voi ed accanto a tutti gli “incompatibili” nella prospettiva della trasformazione sociale.
Ora e sempre Resistenza.
Per il Comunismo

venerdì 9 ottobre 2009

a fianco degli operai

I padroni stanno cercando di fare pagare la crisi del loro infame sistema ai lavoratori e alle masse popolari. Gli attacchi alle conquiste di civiltà e benessere e ai diritti dei lavoratori sono sistematici e sempre più cruenti. Licenziamenti, cassa integrazione, delocalizzazione delle produzioni in paesi in cui la manodopera costa meno, “riforme” del mercato del lavoro, del diritto di sciopero, precarizzazione, salari da fame e riduzione della sicurezza sul lavoro. Una vera e propria guerra contro chi, per sopravvivere, non ha altro che la vendita della propria forza-lavoro.
Ma di fronte al tentativo padronale di eliminare i diritti conquistati nei decenni passati con le dure lotte, riprende anche la mobilitazione degli operai con occupazioni delle fabbriche, scioperi e blocchi delle merci. Gli operai difendono il posto di lavoro e i loro diritti ottenendo in alcuni casi, come alla INNSE di Milano e alla Frigostamp di Bruino (TO), vittorie significative, confermando che la lotta paga e che per vincere ci vogliono unità e convinzione di poter raggiungere l’obbiettivo.
Da tutte le fabbriche del nostro Paese sale alta la richiesta operaia di riprendere la lotta. Lo sciopero generale dei metalmeccanici indetto dalla FIOM è la conseguente risposta alla richiesta degli operai stufi di dover pagare sulla loro pelle la crisi del sistema dei padroni che, in questo caso, con il supporto di CISL e UIL, tentano di affossare il Contratto Nazionale per indebolire la classe operaia frammentandola e dividendola. Lo sciopero dei metalmeccanici è lo sciopero di tutti e per tutti i lavoratori ed è per questo motivo che dobbiamo sostenerlo con tutte le nostre forze. Lo sciopero dei metalmeccanici della FIOM può essere trasformato dagli operai in premessa per uno sciopero generale di tutto il Paese.
La classe operaia, unita agli altri lavoratori, ha dimostrato più volte di determinare le sorti del Paese e di essere la classe che può veramente guidare le altre classi delle masse popolari all’abbattimento del sistema di sfruttamento, fame, miseria e morte tanto caro ai padroni e ai loro servi. Per fare questo è necessario organizzarsi per la conquista del potere, è necessario che gli operai si organizzino nel loro partito comunista.

coordinamento dei collettivi comunisti

hasta siempre


ONORE AL COMANDANTE GUEVARA E
A TUTTI I COMBATTENTI
PER LA GIUSTIZIA SOCIALE E IL SOCIALISMO

sabato 26 settembre 2009

i nostri eroi

I NOSTRI EROI SONO I LAVORATORI!

In questi giorni il teatrino della politica, di concerto con la stampa e la televisione, ha imbastito l’ennesima campagna “patriottica” traendo pretesto dalla morte dei sei paracadutisti della Folgore in Afghanistan. Le prime pagine di tutti i quotidiani e decine di servizi televisivi hanno commiserato i nostri militari che, secondo una regia ormai consumata, vengono presentati come uomini di pace, costruttori di ponti e scuole. Il duplice cliché degli “italiani brava gente” e della “missione di pace” si ripete in maniera nauseante, come già in Somalia (teatro di mostruosi stupri perpetrati proprio dai nostri connazionali), in Kosovo e in Iraq.

In Afghanistan si sta combattendo una durissima guerra tesa ad affermare il controllo geostrategico, da parte degli Usa e dei suoi vassalli europei, di una zona-chiave del mondo sul piano politico, economico e militare.

I nostri “bravi” soldati sono a tutti gli effetti un esercito di occupazione che negli scorsi mesi ha partecipato attivamente, insieme al comando americano, ad interventi militari e bombardamenti che hanno colpito indifferentemente i Talebani e la popolazione civile. Dov’era la stampa democratica in questi mesi, quando si consumavano massacri di civili e le nostre truppe penetravano nel territorio afghano come forza d’intervento rapido a sostegno degli americani, violando apertamente l’Articolo 11 della Costituzione?

Noi non piangiamo chi cade per imporre un’occupazione neocoloniale appoggiata dal fantoccio di turno (Karzai, uomo delle multinazionali americane), odiata e malvista dalla stragrande maggioranza della popolazione afghana, non solo dai Talebani!

I parà della Folgore non sono certo i nostri eroi!

I nostri eroi sono i lavoratori che lottano per la difesa del posto di lavoro, che si mobilitano contro i padroni, che muoiono a causa del mancato rispetto delle condizioni di sicurezza sul lavoro, a fronte di salari da fame!

I nostri eroi sono i lavoratori che occupano le fabbriche e salgono sui tetti per esprimere la propria rabbia, che lottano per la rinascita del Movimento Comunista e per un movimento sindacale di classe!

Mentre nel nostro Paese centinaia di migliaia di operai e lavoratori perdono da un giorno all’altro il posto di lavoro e la maggioranza delle masse popolari fatica sempre più ad arrivare a fine mese, il governo della banda Berlusconi - come prima il governo Prodi - continua a dilapidare centinaia di milioni di euro nella missione afghana, spedendo al fronte i propri soldati come carne da macello, con l’ipocrita illusione di un buono stipendio, di una medaglietta e di una manciata di effimera gloria.

Basta con le spese militari!

Chiudere le basi e ritirare le truppe dall’Afghanistan!

Basta con le morti sul lavoro!

A fianco dei lavoratori in lotta!

martedì 22 settembre 2009

magliana resiste

MAGLIANA RESISTE




Pubblichiamo il video del tentato sgombero dell'8 marzo alla magliana

CONFERMATI GLI ARRESTI PER GLI OCCUPANTI DELLA 8 MARZO !

MOBILITIAMOCI SUBITO PER LA LORO LIBERAZIONE !

Lunedì scorso, 14 settembre, le forze del dis-ordine si sono introdotte con la forza nell’edificio della ex-scuola 8 Marzo occupata di Magliana, con l’evidente intenzione di sgomberare lo stabile che ospita le famiglie di sfrattati, precari, disoccupati. Lo sgombero non è riuscito, grazie alla resistenza pacifica ma determinata degli occupanti e delle occupanti, così i carabinieri hanno portato via 5 occupanti che sono stati tratti in arresto. Contro di loro sono state mosse accuse infamanti, basate solo ed esclusivamente sulle dichiarazioni false di un ex occupante allontanato dall’occupazione un anno fa per aver aggredito la sua compagna. Queste dichiarazioni sono state riportate ed amplificate nei giorni scorsi anche dalla stampa, con il risultato di aver generato una campagna mediatica intesa a criminalizzare tutto il movimento per il diritto all’abitare, un movimento che evidentemente fa paura a questa classe politica incapace di risolvere problemi come la casa, il lavoro, la precarietà, il reddito, e che teme che queste questioni mobilitino lotte generalizzate. Oggi il Gip ha convalidato gli arresti per i 4 occupanti che, quindi, rimarranno in carcere fino a che sulla loro situazione non si esprimerà il tribunale del riesame, fra non meno di due settimane. Francesca è stata addirittura trasferita da Rebibbia a Civitavecchia, allontanandola di fatto dalla sua famiglia e da tutti/e noi ancora di più. Il quinto occupante si trova attualmente agli arresti domiciliari, che gli sono stati confermati. È una scelta punitiva, che dà valore alle parole di un unico testimone, un uomo violento attualmente indagato per lesioni aggravate contro la sua ex compagna e che cova rancori verso gli occupanti dell’8 marzo e che è stato usato per montare un falso e infamante teorema politico-giudiziario contro l’Occupazione! Gabriele, Francesca, Simone, Sandro e Sandrone devono essere immediatamente rimessi in libertà, perché l’unica colpa che hanno è quella di essere lavoratori precari e non potersi permettere di acquistare una casa. In particolare chiediamo con forza la liberazione di Sandrone, attualmente recluso presso il centro clinico di Regina Coeli che proprio ieri e’ stato medicato d’urgenza. Affetto da un tumore per il quale e’ in attesa di un terzo intervento chirurgico al San Camillo, dovrebbe ricevere a breve notizie sulla data dell’operazione ma il sequestro del suo cellulare ne rende difficile, se non impossibile, la reperibilità. A questo comunicato ne seguiranno altri per invitare alla mobilitazione generale nei prossimi giorni per chiedere la liberazione della compagna e dei compagni arrestati e per difendere la 8 Marzo e tutte le occupazioni dei Movimenti di lotta per la casa!

Per adesioni: occupa@inventati.org

Comitato d’occupazione Magliana CSOA Macchia Rossa

martedì 15 settembre 2009

solidarietà

A FIANCO DEGLI OCCUPANTI

CONTRO LA REPRESSIONE



Da qualche tempo a Roma è in corso un violento attacco al movimento di lotta per la casa. La guerra alle occupazioni, annunciata dal Prefetto Pecoraro e dalla giunta Alemanno, è iniziata con lo sgombero dell’ex ospedale Regina Elena e degli stabili di Via Salaria, da tempo inutilizzati.


Appare sempre più evidente che i grandi costruttori, gli speculatori edilizi sono coloro che comandano e che da decenni decidono ogni aspetto delle sorti di questa città. Mentre i loro profitti aumentano costantemente le aree verdi vengono cementificate e a centinaia di famiglie vengono negati il diritto ad un’abitazione dignitosa e ad un affitto accessibile.


Ieri mattina, all'alba, un centinaio di carabinieri si sono presentati all’ex scuola 8 Marzo in via dell’Impruneta 51, nel popolare quartiere della Magliana, con un mandato di perquisizione dell'immobile e un mandato di arresto nei confronti di sei persone.


Soltanto la determinazione degli occupanti, degli attivisti arrivati sul posto e degli abitanti del quartiere ha impedito lo sgombero da parte dei carabinieri, i quali si sono poi ritirati portando con loro cinque arrestati con l’accusa di "associazione a delinquere ai fini di invasione di stabile pubblico, violenza privata ed estorsione".


Ai compagni del centro sociale Macchia Rossa e agli occupanti dell’8 Marzo va tutta la nostra solidarietà

Esprimiamo la più forte condanna nei confronti delle azioni repressive contro il movimento di lotta per la casa e chiediamo l’immediato rilascio di tutti gli arrestati.

lunedì 7 settembre 2009

domenica 9 agosto 2009

innse

A FIANCO DEGLI OPERAI IN LOTTA

lunedì 3 agosto 2009

liberi tutti

LOTTIAMO UNITI CONTRO LA REPRESSIONE!
Solidarietà a tutti gli inquisiti e arrestati


Le ultime settimane hanno segnato un pesante inasprimento del clima repressivo nel nostro Paese.

Da un lato, l’approvazione del Pacchetto Sicurezza introduce tra le altre cose il reato di “immigrazione clandestina”, realizzando altresì un’ulteriore militarizzazione del tessuto metropolitano attraverso il connubio tra incremento della presenza militare a “tutela dell’ordine pubblico” e legalizzazione delle “ronde”.Dall’altro lato, con il pretesto del vertice G8 (tenutosi nella surreale atmosfera di una L’Aquila già martoriata dal terremoto ed ora strumentalizzata dal governo Berlusconi come demagogica vetrina della grottesca sfilata dei “grandi della terra”) e con il duplice obiettivo di riaffermare una “linea dura” tesa a scoraggiare ogni manifestazione di dissenso politico/sociale e di occultare agli apparati mediatici la profonda crisi di consenso e di fiducia con la quale l’Esecutivo si sta trovando a fare i conti, si è sviluppata una campagna repressiva a 360°, la quale ha colpito “scientificamente” settori di movimento anche molto diversi tra loro.

Si è cominciato con l’inchiesta dell’11 Giugno (che seguiva di soli 2 giorni la sentenza da “Tribunale Speciale” nei confronti dei militanti del PCPM), con la quale si è inteso rilanciare il “mostro” del terrorismo e lo spettro delle Brigate Rosse, arrestando singoli compagni le accuse nei confronti dei quali sono talmente labili (si parla di fantomatici modellini aerei da “scagliare” contro il vertice del G8, quando ancora esso doveva tenersi alla Maddalena) da non aver meritato altro che poche righe tra le pagine di cronaca della stampa nostrana. Il 3 luglio è seguita una retata nei confronti di una quarantina di militanti dell’area anarchica, accusati di associazione sovversiva a seguito (ad oltre un mese di distanza, per la verità) dell’arresto di due anarchici umbri. Quindi, il 6 Luglio, è stata la volta degli attivisti del movimento studentesco, colpiti da 21 arresti a seguito dei modesti scontri verificatisi a Torino in occasione del G8 delle università. Arresti realizzati nell’imminenza del vertice de L’Aquila, con l’evidente obiettivo di scoraggiare qualunque forma di dissenso radicale in occasione delle manifestazioni di protesta. Infine, gli arresti di Roma, nei confronti di manifestanti accusati di voler “mettere a ferro e fuoco la città” (ma di fatto, “rei” di aver rovesciato qualche cassonetto in mezzo alla strada).

E’ evidente come gli episodi sopra descritti, per quanto apparentemente slegati tra loro, rispondano ad una medesima logica intimidatoria, la logica della controrivoluzione preventiva, la quale s’insinua nel tessuto sociale trovando un terreno fertile nella disgregazione dei movimenti e nella debolezza dell’antagonismo rivoluzionario. Tutto ciò avviene anche con l’obiettivo di neutralizzare sul nascere ogni possibile tentativo di organizzazione delle lotte in vista dell’autunno, che si preannuncia assai “caldo” stante la profonda crisi economica e sociale di cui le masse popolari, gli studenti e il proletariato vanno pagando i pesantissimi effetti.

A fronte di una simile spirale repressiva, la sola possibile risposta è l’unità della classe sul terreno della solidarietà; attuare una politica da fronte, che superi gli steccati ideologici che separano i movimenti di contestazione, con l’obiettivo di costruire un blocco sociale antagonista.

Dal canto nostro, continueremo a muoverci con l’obiettivo di contribuire alla rinascita del Movimento Comunista, convinti che soltanto attraverso di esso la classe operaia e le masse popolari potranno uscire vittoriose dalla lotta contro il Capitale.


No alla criminalizzazione del dissenso e della lotta di classe!

No alla militarizzazione delle nostre città!

Per la rinascita del Movimento Comunista!

mercoledì 29 luglio 2009

collettivo comunista romano

NASCE IL COLLETTIVO COMUNISTA ROMANO

La nascita di questo collettivo si inserisce nella costituzione del Coordinamento dei Collettivi Comunisti e nel processo di rinascita del movimento comunista in corso nel nostro paese.

Il mondo capitalista è entrato negli ultimi anni in una fase di accelerazione della crisi generale che ormai da trent’anni attraversa e scuote dalle fondamenta il suo ordinamento economico-sociale.

Assistiamo a uno sconvolgimento delle relazioni economiche, sociali, politiche e culturali; la crisi sta muovendo passi da gigante e porta con sé tutto il suo carico di miseria, guerra, sfruttamento e devastazione ambientale. Ma nella crisi generale e nella sua accelerazione su scala mondiale si poggia la base materiale, oggettiva e concreta per l’affermazione di una società fondata sul potere operaio e delle masse popolari: la società socialista.

La rinascita del movimento comunista è un processo soggettivo, cosciente, è un processo di organizzazione che da una parte si alimenta della contraddizione antagonista tra rapporti privati di produzione e sviluppo delle forze produttive e dall’altra elabora e sviluppa il patrimonio di 170 anni di storia del movimento comunista internazionale.

Questo secondo aspetto della relazione dialettica è quello che ci interessa trattare in questa sede; rimandiamo il primo alle linee generali dell’analisi sulla crisi generale espressa nel documento di fondazione del comitato promotore dei collettivi comunisti.[1]

Il nostro compito, come comunisti, è quello di contribuire allo sviluppo della rinascita del movimento comunista nel XXI secolo nel nostro paese nell’ambito della battaglia internazionale per il socialismo.

Oggi, il movimento comunista esprime la sua debolezza nel manifestarsi di due tendenze, entrambe errate: da un lato vi è una sinistra borghese figlia del revisionismo storico e della cosiddetta “via pacifica al socialismo” (una simile tendenza è riscontrabile prevalentemente nel PRC e nel PdCI); dall’altro lato, vi sono organizzazioni estremamente deboli sul piano numerico, ma soprattutto espressione di tendenze minoritarie ed autoreferenziali.

Riteniamo, alla luce di tutto ciò, che si ponga all’ordine del giorno la necessità di superare simili tendenze ed atteggiamenti sviluppando una lucida analisi materialista e lavorando alla costruzione di una soggettività adeguata a contrastare le spinte che la frazione dominante della borghesia imperialista esprime verso una mobilitazione reazionaria delle masse popolari.

Il CCR è un collettivo costituito da compagni che vengono da esperienze diverse, che intendono mettere al centro della loro attività politica il contributo per rafforzare la parte migliore, più avanzata del movimento comunista, anticapitalista e popolare che si oppone alla crisi e al perdurante e progressivo attacco ai diritti e alle conquiste della classe operaia e del proletariato e che lavora per la costruzione del socialismo.

In estrema sintesi, il CCR è un collettivo che opera sul territorio romano legandosi alle masse popolari e adottando una politica da fronte. Interviene su due campi d’intervento principali:

  • dare un contributo alla battaglia politica e ideologica in corso per rafforzare la parte migliore del movimento comunista , oggi ancora molto debole e frammentato sul piano organizzativo; mettere al centro ciò che unisce da ciò che divide (Politica da fronte) chi oggi lavora alla ricostruzione di un partito comunista rivoluzionario della classe operaia e del proletariato. La politica da fronte si rafforza nella prassi esaltando gli elementi di comunanza con la “base rossa” della sinistra borghese, con la sinistra sindacale e con i movimenti di lotta espressi dalle contraddizioni che si sviluppano sul territorio.
  • Sostenere le lotte di resistenza che la classe operaia e le masse popolari sul territorio romano in particolare mettono in campo contro la crisi e legarle politicamente al processo di ricostruzione del movimento comunista nella nostra città. In particolare, Roma vive drammatiche contraddizioni sul piano delle politiche sociali (questione ambientale, questione abitativa, inasprimento delle politiche securitarie, degrado delle periferie…). Pertanto, sarà nostro compito produrre un’attività d’inchiesta che ci porti a riconoscere i terreni d’intervento più fertili e nei quali massimamente si esprimono le contraddizioni sociali. Inoltre, occorre ridare vitalità alle mobilitazioni antifasciste, stante la sotterranea, ma progressiva crescita di pulsioni razziste ed esplicitamente fasciste nel tessuto metropolitano romano.

Il CCR è un struttura locale che si lega a un percorso nazionale in costruzione (Unione dei Collettivi Comunisti), quindi dovrà intervenire con un lavoro di propaganda e di organizzazione sul territorio romano - adottando la linea di massa come metodo di lavoro principale - e raccogliere la parte migliore e combattiva della avanguardie comuniste e di lotta (la sinistra) nel processo di organizzazione.

Pur ritenendo necessaria la costruzione del partito rivoluzionario, ci teniamo a precisare che i collettivi (e nello specifico il CCR) non rappresentano nuclei del partito né l’embrione dello stesso, ma un momento tattico di confronto e di lotta politica dal quale, se il nostro lavoro riuscirà a realizzarsi in un costante, dialettico e positivo riscontro del rapporto prassi/teoria, verrà lo slancio in direzione della costruzione del partito comunista.

Il CCR si doterà di una propria struttura economica ed organizzativa con riunioni di discussione settimanali su un Ordine del Giorno stabilito in precedenza e aperte alla partecipazione di tutti coloro i quali intendono dare un contributo allo sviluppo del nostro lavoro. Dispone di una e-mail (comunistiromani@live.it) e di un blog (www.comunistiromani.blogspot.com), contribuisce al dibattito nazionale dell’UCC e interviene agli appuntamenti nazionali e locali di mobilitazione messi in campo dalle componenti organizzate del movimento comunista e anticapitalista nella nostra città.

Collettivo Comunista Romano

Roma, 3 Luglio 2009


[1] http://www.coorcolcom.org/ “Per l’Unione dei Collettivi Comunisti Programma politico della fase costituente”