Articolo tratto da radio città aperta
A Pomigliano d'Arco, in Campania, 92 lavoratori precari della Fiat che stanno per perdere il posto di lavoro continuano ad occupare il locale municipio, invaso lo scorso 16 dicembre. Con loro, oltre al sindaco, anche il vescovo di Nola, Beniamino Depalma, che ieri alle 18 ha celebrato la messa di Natale nel municipio insieme agli occupanti e alle loro famiglie. Il problema non è solo di coloro che stanno per perdere il posto di lavoro: anche gli altri 5000 dipendenti sono da tempo in una situazione estremamente incerta, lavorano sì e no una settimana al mese ormai da un anno, sostenuti da una Cassa Integrazione che non basta certo a mantenere la famiglia. Le assicurazioni dell'amministratore delegato della Fiat, realizzate lo scorso 22 dicembre nel corso dell'incontro con il governo a Palazzo Chigi, non li hanno tranquillizzati per niente: "Il 30 avremo un nuovo incontro in prefettura, con il prefetto, i sindacati e un paio di sindaci che ci sono vicini. Però non vediamo novità immediate, - spiega Domenico Loffredo, Rsu della Fiom - continuiamo a lavorare tre, quattro giorni al mese al massimo, e dalle dichiarazioni che sono state fatte a Palazzo Chigi penso che questa situazione andrà avanti per un bel po'. Certo, nel 2012 dovremo entrare nel ciclo produttivo della Panda e lavorare un pochino di più. Però intanto l'altro modello che abbiamo, la 159, tra due anni sarà finito, ci ritroveremo probabilmente nella stessa situazione, visto che la 147 è ormai praticamente dimessa. Siamo preoccupati, non vorremmo che parlare della Panda fosse solo un modo per tenerci buoni nel frattempo". Intanto, gli operai di Pomigliano, nonostante abbiano dormito nel municipio, con le loro proteste, non hanno rinunciato al pranzo della vigilia di Natale per poter stare con le proprie famiglie.
Anche gli operai della Fiat di Termini Imerese, stabilimento che verrà chiuso entro la fine del 2011, come ha annunciato Marchionne alcune settimane fa, hanno organizzato scioperi e proteste anche per i giorni di festa. Volti scuri, poca voglia di parlare, tanta rabbia. Gli operai della Fiat e delle aziende dell’indotto sono tornati a Termini Imerese, dopo la manifestazione in piazza Montecitorio a Roma, con l’umore nero. “In questo momento serve unità, bisogna fare blocco sociale in difesa della fabbrica” afferma il segretario della Fiom di Termini Imerese, Roberto Mastrosimone, proponendo l’occupazione immediata dello stabilimento e lo sciopero a oltranza per fermare subito la produzione.
Anche i dipendenti dell'Agile (ex Eutelia) di Pregnana Milanese sono rimasti all'interno della loro azienda, occupata da ormai quasi due mesi. Lo hanno deciso durante l'assemblea organizzata dai sindacati per "valutare le forme di mobilitazione" dopo la decisione adottata il 23 dicembre dal Tribunale civile di Roma di disporre il sequestro dei beni dell'azienda e di nominare tre custodi per gestire l'ordinaria amministrazione, le commesse e il pagamento degli operai senza salario in molti casi anche da sei mesi. "Siamo soddisfatti di questo passo avanti - ha detto Angelo Pagaria, delegato della Fiom-Cgil - e ci auguriamo di incontrare i custodi subito dopo Natale. In questa fase bisogna agire molto velocemente, ripristinare le attività produttive, saldare i debiti con i fornitori e garantire ai dipendenti, da mesi senza stipendio, il pagamento degli arretrati". I lavoratori hanno annunciato che manterranno il presidio all’interno dello stabilimento "fino a quando non verranno date garanzie alle 200 persone che rischiano il licenziamento nello stabilimento di Pregnana", che conta circa 400 dipendenti. "Rimaniamo nell'azienda in turni di 10-15 persone, e qualcuno di noi ha trascorso il Natale in presidio. Abbiamo portato spumante e panettone e abbiamo comunque festeggiato". L’udienza per decidere l’amministrazione controllata del gruppo si terrà il prossimo 17 febbraio. I posti a rischio in tutti gli stabilimenti italiani del gruppo sono circa duemila per una vicenda che presenta molti lati oscuri nella gestione del personale.
“Sotto l’albero vorremmo trovare un accordo che non significhi assistenza, ma che guardi davvero al futuro. Insieme, chiediamo all’Inps di erogarci l’assegno di dicembre prima di Natale in modo da fare almeno la spesa e i regali”. E’ questo quello che chiedono i 3.200 operai della Merloni di Fabriano in cassa integrazione addirittura dall’ottobre del 2008.
Nei giorni scorsi, mentre si inaugurava a Ferentino (Frosinone) il nuovo casello autostradale dalla A1 Roma-Napoli, è giunta anche la nuova, ennesima protesta degli operai Videocon di Anagni, ormai licenziati dalla multinazionale indiana ex Videocolor: i 1.400 lavoratori sono scesi di nuovo in piazza dopo che già lo scorso ottobre avevano bloccato l’autostrada per oltre cinque ore.
Pranzo di Natale in fabbrica anche per gli operai della ''Ave Industries'' di Spinea (Venezia), azienda in crisi che da qualche giorno è occupata dalle maestranze. Menù ridotto all'osso per i 100 dipendenti della fabbrica, che produce linee altamente tecnologiche per l'imbottigliamento. Si sono scambiati gli auguri di Natale davanti al panettone, ad un po' di frutta e a qualche bottiglia di spumante, sperando che il 2010 porti per loro uno spiraglio positivo. Qualche dipendente ha portato la famiglia al rinfresco natalizio, allestito in un reparto di produzione. L'azienda sta vivendo una fase di forte difficoltà finanziaria, con le banche che hanno bloccato le linee di credito verso l'estero. Secondo i sindacalisti l’azienda non avrebbe però problemi sul fronte delle commesse, al punto che si è fatto avanti un compratore, un gruppo industriale trevigiano, concorrente della Ave. Il nuovo gruppo però, per rilevare in affitto le linee produttive, avrebbe posto delle condizioni ''capestro'', tra le quali la rinuncia del 50% dei dipendenti ad essere riassunti.
Natale di attese e speranze per migliaia di lavoratori sardi in cassa integrazione, molti dei quali hanno scelto di trascorrere il 25 dicembre in fabbrica, continuando i presidi con mogli e figli al seguito. E' successo alla Rockwool di Iglesias, dove ieri mattina è stata celebrata la messa di Natale davanti ai cancelli dello stabilimento che produce lana di roccia. A rischio ci sono 200 posti di lavoro, compreso l'indotto, in un territorio colpito da una crisi industriale sempre più profonda: almeno 30 mila disoccupati e più di 2.000 cassintegrati. Eurallumina, Portovesme srl, Alcoa: sono solo la punta dell'iceberg della crisi del Sulcis Iglesiente. Dice Bruno Usai, operaio Alcoa: “La multinazionale ha avuto in regalo un’azienda dalle partecipazioni statali e poi ha attenuto sconti sull’energia e altre regalie. Oggi, cambiate le condizioni di favore, decide di andarsene lasciandoci solo povertà. Cercheremo di impedire in ogni modo il blocco della produzione”. Anche per gli altri poli produttivi dell'Isola questo non è un periodo di festa. C'e' poi il petrolchimico di Porto Torres, in perenne crisi: ieri uno spiraglio con lo sblocco di una fideiussione fino a 20 milioni di euro deciso dalla Sfirs, la finanziaria regionale, a favore della Vinyls Italia. Ma per essere definitiva, l'operazione necessita del via libera della Commissione europea.
Nonostante il formale impegno assunto mercoledì dal ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, per la risoluzione della loro vertenza, i ricercatori precari dell’Ispra proseguono la loro protesta sul tetto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che fa capo al dicastero. L’obiettivo è sollecitare il governo affinché provveda a sanare la situazione di più di 200 lavoratori dell’ente ai quali il 31 dicembre scadranno i contratti dopo che quasi altrettanti sono venuti meno alcuni mesi fa. Una protesta che va avanti da mesi tra presidi e conferenze stampa, fino ad arrivare all’occupazione del tetto e di alcune stanze dell’edificio di Via di Casalotti.
Una parziale buona notizia è arrivata per i lavoratori della Yamaha di Lesmo (Monza). Nella notte del 22 dicembre è giunta l’intesa e i quattro operai che hanno passato sei notti sul tetto della fabbrica hanno interrotto la protesta. L’azienda si è impegnata “inderogabilmente” con i sindacati a chiedere la cassa integrazione per tutti i 66 dipendenti a rischio licenziamento. I dettagli saranno stabiliti in un incontro che si terrà martedì 29 dicembre al ministero del Lavoro. Un’altra parziale nota positiva riguarda lo stabilimento della Thyssen di Visano (Brescia). Dopo l’annuncio dei 55 licenziamenti, infatti, la mobilitazione dell’intero gruppo ha portato a un accordo che prevede ammortizzatori sociali per due anni. “Ma - dice Mauro Romanelli, operaio - il nostro sarà un Natale solo relativamente tranquillo: siamo preoccupati per i colleghi della altre aziende della provincia che non se la passano bene”.