Dietro i numeri drammatici − dei licenziamenti, della disoccupazione crescente, della cassa integrazione, della messa in mobilità, del mancato rinnovo dei contratti a termine e della miriade di contratti precari – ci sono persone: lavoratici, lavoratori, giovani, famiglie che non hanno reddito sufficiente per pagare affitti, rate del mutuo, bollette, ticket; che non hanno risorse sufficienti per vivere una vita dignitosa.
Insieme alle disastrate condizioni economiche, alla crescente precarietà di vita, nella nostra città dilaga l’emergenza abitativa: migliaia di famiglie sono sotto sfratto (la maggior parte ormai per morosità), gli inquilini degli alloggi degli enti previdenziali “irregolari” e quindi a rischio, oppure regolari ma oggetto delle nuove ondate di dismissione (ENASARCO). Altre migliaia sono le persone costrette a vivere nelle occupazioni o in residence privati pagati a peso d'oro dall’amministrazione. Questo mentre
I governi ed istituzioni locali hanno praticato per anni politiche liberiste, privatizzando servizi e beni comuni, coltivando la speculazione finanziaria insieme ad una deregolamentazione del mercato del lavoro che ha selvaggiamente precarizzato, minato alla radice conquiste e diritti, generato una diffusa insicurezza sociale. Ed anche nel fronteggiare la crisi, preferiscono sostenere banche, imprese, pescicani dell’edilizia, elargendo loro milioni di euro ed abbandonando lavoratori e le lavoratrici appesi ad indennità di disoccupazione e di cassa integrazione sempre insufficienti, lasciando completamente soli, senza alcun tipo di sostegno, centinaia di migliaia di precari.
Ora il razzismo di stato dilaga, come dimostra anche la vicenda di Rosarno, in uno sfruttamento senza confine che relega i migranti a semplice forza – lavoro da sfruttare da spremere, senza nessun diritto e ad una spietata concorrenzialità con gli autoctoni, capro espiatorio e valvola di sfogo costruita ad arte per portare le tensioni che investono i settori sociali colpiti dalla crisi, verso un assurda guerra fra poveri.
Oggi a essere schiacciati ed espulsi dal lavoro non sono solo le fasce meno professionalizzate, sono lavoratori e lavoratrici del settore privato, ma anche di quello pubblico, con alte professionalità: si pensi alla scuola e all’universita’, colpite pesantemente da tagli complessivi per 9,5 miliardi di euro, che hanno espresso nei mesi trascorsi alti livelli di resistenza.
l’EUTELIA e l’ISPRA sono due centri altamente qualificati nell’informatica e nella ricerca. Insieme ad essi sono centinaia le aziende che chiudono o espellono manodopera.
Le lotte dei lavoratori di EUTELIA e di ISPRA, sono divenute per tutti un importante riferimento, simbolo della necessità di uscire dall’inerzia, di mettere in campo forme di lotta ed un nuovo protagonismo per uscire dalla crisi ribaltando il piano, con una nuova stagione di misure sociali e di conquiste.
Dall’Eutelia, dall’Ispra, dai Precari della Scuola, dai Movimenti per il Diritto All’Abitare e da altre lotte che hanno avuto meno risalto mediatico, sono venute le resistenze forti, con l’occupazione degli stabilimenti, le manifestazioni, le tendopoli ed i presidi ad oltranza. Le proteste sui tetti, dall’ISPRA ai musei capitolini, hanno rappresentato anche simbolicamente le diverse facce della lotta alla crisi delle banche e dei padroni, la similitudine delle condizioni di vita, la vicinanza delle lotte.
Una vicinanza che è divenuta in queste settimane contatto, capacità di attraversamento, che ha le potenzialità per divenire incontro. Un incontro che mostri la possibilità di ricomporre il mosaico, i diversi frammenti e spaccati di chi vive la crisi e di chi alla crisi ha iniziato o vuole ribellarsi.
Molte sono le comuni rivendicazioni e vertenze e possibili, dalla predisposizione di nuove misure di tutela del lavoro alla conquista di Tariffe Sociali (gas, luce, trasporti, asili nido e spese scolastiche etc.), dall’estensione di del Reddito Minimo Regionale alla richiesta di una moratoria sui mutui, sulle imposte, sulla cessione del quinto dello stipendio (come avvenuto per i debiti delle imprese), fino alla conquista di un vero Piano di Casa Popolari per la nostra città. Perché la lotta per il diritto all’abitare, la richiesta di sospensione degli sfratti, di case da pagare in proporzione alle proprie tasche, è domanda di investimenti pubblici, di “bene comune”, è richiesta di reddito.
Nella convinzione che il lavoro, il reddito, i servizi pubblici, il diritto all’abitare, i diritti di cittadinanza per i/le migranti possano rappresentare un comune oggetto del desiderio, il terreno di incontro delle nostre storie e di molte altre storie simili alle nostre, lanciamo questo appello aperto e alla città insieme all’ invito a partecipare all’ assemblea.
GIOVEDI’ 28 GENNAIO ORE
(VIA BONA 50)